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Posts Tagged ‘musica’

Se dico Giappone, cosa vi viene in mente? Geisha, samurai, sushi, ninja… non certo il rock. A ribaltare questa visione tradizionale (e a tratti banalizzante) ci ha pensato Julian Cope, professione rockstar. Trovate il risultato dei suoi sforzi in Japrocksampler (ed. Arcana, € 22), di cui vi propongo la presentazione ufficiale:

Ecco a voi Japrocksampler di Julian Cope, rocker e musicologo visionario, archeologo specializzato in siti megalitici primitivi ed ex leader dei Teardrop Explodes. A causa delle barriere linguistiche, la musica giapponese del Dopoguerra è sempre stata un enigma per gli occidentali. Perciò Julian si è sentito in dovere di trovare la chiave d’accesso a una porta ingiustamente sbarrata. Questa storia racconta di come la musica occidentale giunse sulle coste giapponesi dopo la Seconda Guerra Mondiale, e del delizioso caos che scatenò. Cover strumentali dei successi degli Shadows zeppe di toni e colori musicali inauditi, la resurrezione dei cantastorie tradizionali rokyoku ispirati da Dylan e altro ancora: non esiste luogo in cui l’eterna metamorfosi del rock’n’roll sia stata più affascinante e originale che in Giappone. Attraverso il racconto degli scambi e degli influssi reciproci tra l’avanguardia giapponese, i nuovi movimenti controculturali, compositori come John Cage e Stockhausen e la scena underground del free jazz, Japrocksampler esplora lo scontro tra i valori della tradizione conservatrice giapponese e gli indomabili rinnegati rock’n’roll degli anni Sessanta e Settanta. Racconta la storia degli artisti-chiave del dopoguerra nipponico – poeti frequentatori delle sale d’essai oppure gruppi rock violenti e anticonformisti con un debole per i dirottamenti aerei – e propone una lista di album Japrock fondamentali. Dopo il successo internazionale del leggendario Krautrocksampler (libro che da solo è riuscito a “resuscitare” un intero movimento musicale dimenticato), di cui questa nuova opera si pone come ideale prosecuzione, Japrocksampler, già acclamato in Inghilterra da fans e autorevoli storici e intellettuali, è un’altra sorprendente, bizzarra, sciamanica esplorazione di un aspetto poco conosciuto della nostra storia culturale recente che ci avvicina un po’ di più a comprendere il senso del rock’n’roll, della nostra mente di occidentali imbarbariti dalle nuove divinità del denaro e del progresso, e della nostra stessa vita.

Per saperne di più del libro, è disponibile anche un apposito sito internet.

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Oggi, post artistico, dedicato ai suoni del Sol Levante. Iniziamo subito con Musica giapponese. Teoria e storia (ed. LIM, pp. 223, € 15). volume curato dall’etnomusicologo Daniele Sestili, con contributi di Akira Hoshi, Eishi Kikkawa, Shigeo Kishibe, Fumio Koizumi e Mario Yokomichi
<<Concepita come un’introduzione alla musica giapponese, l’opera raccoglie i lavori di cinque fra i maggiori studiosi giapponesi e si articola in due sezioni: una storica e una teorica. L’edizione italiana è arricchita da un apparato di note, una prefazione sulla cultura musicale giapponese e una nota bibliodiscografica.>>
Per ripercorrere la storia della musica nipponica, sempre dello stesso autore consiglio Musica e danza del principe Genji – Le arti dello spettacolo nell’antico Giappone, pubblicato da Libreria Musicale Italia (pp. 188, € 19) e La voce degli Dèi. Musica e religione nel rito giapponese del «kagura» (Ut Orpheus ed., pp. 176, € 18.50), di cui qui sotto trovate la presentazione.

Sotto una patina di occidentalizzazione e secolarizzazione, il Giappone contemporaneo conserva gelosamente una vita religiosa complessa e ricca di elementi di grande antichità. Tra i momenti maggiormente rilevanti del culto si collocano senza dubbio i kagura, azioni rituali comunitarie volte a rinvigorire l’energia dei partecipanti tramite l’evocazione delle divinità. Tali cerimonie, capillarmente diffuse su tutto il territorio del Giappone propriamente detto, sono caratterizzate da specifici comportamenti coreutico-musicali, i quali contribuiscono in modo sostanziale all’essenza del kagura stesso. Gli ensemble formati da tamburi, cimbali e flauti, nonché l’intervento vocale, accompagnano e guidano l’azione dei danzatori-attori; la musica punteggia e sorregge, imponendo la sua specifica temporalità, l’intero impianto rituale. Recuperando in modo organico i diversi lavori scientifici (demoetnologici, storico-religiosi, etnomusicologici) e sulla base di una personale ricerca sul campo, l’autore si propone di analizzare la presenza della musica nei kagura – finora trascurata come fenomeno unitario – per tentare di svelarne essenza e funzione, al di là della frammentazione localistica.
Calata nel complessivo contesto rituale, la componente sonora della cerimonia rivela intime connessioni con comuni concezioni religiose sottostanti, mentre le valenze magico-simboliche degli strumenti musicali impiegati appaiono nitidamente. Nel complesso la ricerca, condotta in un’ampia prospettiva storica e con richiami al più vasto contesto est-asiatico (in particolare alla realtà coreana), permette di tessere una fitta trama di riferimento indispensabile per la corretta comprensione dell’universo musicale dei kagura. A naturale completamento del suo specifico percorso, il volume giunge a riflettere sul più generale tema della musica nella ritualità giapponese, evidenziando come il comportamento sonoro si manifesti quale dimensione privilegiata nella relazione con il divino in tutta la cultura tradizionale. In tal senso, la natura più vera della musica dei kagura appare allora compiutamente sintetizzata nell’espressione ripresa nel titolo del presente volume: né metafora né immagine poetica, bensì antica credenza popolare, secondo la quale il suono del flauto impiegato nel rito sarebbe, appunto, la voce degli dèi.

Buone letture e buon ascolto.

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Pe rallegrare questa Pasquetta che, almeno qui, è velata dalle nuvole e freddina, il libro presentato oggi riguarda la musica giapponese contemporanea, fuori dai soliti schemi. Il suo nome è Concerto in Sol levante. Musiche e identità in Giappone (Casadeilibri, pp. 160, € 16) e l’autore è David Santoro, collaboratore di diverse testate giornalistiche.

Intoccabili, nippobrasiliani, rappers di Tokyo e di Okinawa, giovani musicisti in fuga dalla logica di mercato, artisti gruppi sociali e popolazioni che fanno della musica uno strumento di affermazione e resistenza culturale.
Questi sono solo alcuni dei protagonisti di Concerto in Sol Levante, un libro per scoprire la storia e la realtà del Giappone moderno attraverso la musica e sfuggire ai nostri pregiudizi. Un racconto attraverso le parole dei protagonisti che mostra lo stretto legame fra tradizione e ibridazione e come nella cultura l’incontro prevalga sulla separazione.

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Negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un proliferare di cure, più o meno credibili e costose, per risolvere ogni sorta di problema. Tra queste ve n’è una che approvo in linea di principio, ma che nella pratica mi lascia dubbiosa: la biblioterapia (ossia: leggi che ti passa). La creatrice, Stéphanie Janicot, ha anche scritto un libro a riguardo, uscito da poco in Italia: 100 romanzi di primo soccorso per curare (quasi) tutto (Corbaccio, pp. 208, 15,60 €).
Tra i volumi consigliati per recuperare il benessere perduto, figura anche Musica di Mishima Yukio, che racconta la storia di una ragazza alle prese con la sua incapacità di percepire le melodie. Scavando a fondo, grazie anche all’aiuto di uno psicanalista, si scoprirà che la musica è metafora dell’orgasmo e che Reiko, la protagonista, è infatti frigida. La sua esperienza, secondo Mme Janicot, può aiutare molte donne a superare lo stesso problema attraverso la lettura del libro. Ma sarà vero?

 

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